Viaggio del papa in Bahrein

(3/11/2022)
Francesco è arrivato in Bahrein, inizia il viaggio apostolico
Alle 14.36 ora di Roma il volo papale è atterrato all’areoporto della Sakhir Air Base di Awali. I petali di fiori dalle mani delle bambine, la solennità sfavillante dell’accoglienza nel palazzo reale, l’incontro privato tra il pontefice e il sovrano. Questi i primi momenti del 39° viaggio nel “Regno dei due mari”
Vatican News
Il primo Pontefice della storia è arrivato nel Regno del Bahrein. Il volo papale è atterrato alle 14.36 ore italiane (in Bahrein due ore in avanti) nella Sakhir Air Base, aeroporto a circa cinque chilometri a sud-sudovest di Awali. Qui la cerimonia di benvenuto a cui seguirà oggi il primo discorso, quello alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico.
Papa Francesco a colloquio con il re del Bahrein
L’accoglienza in aeroporto
L’aeroporto si trova in un’area costruita per il Bahrain International Airshow (BIAS), l’evento biennale che da dodici anni è dedicato all’industria aeronautica mondiale. Il Nunzio Apostolico monsignor Eugene Martin Nugent ed il capo del protocollo danno il benvenuto al Papa. Awali, un comune di poco meno di duemila abitanti sopra la pianura di Mughaidrat, è il sito dove per la prima volta è stato scoperto il petrolio nel Paese e anche primo insediamento petrolifero moderno nell’area del Golfo. Patrimonio mondiale dell’Unesco, si configura come area residenziale per una nuova comunità internazionale di specialisti del settore. Dal punto di vista urbanistico, si ispira alle città giardino di stampo europeo. Il Papa viene accolto da Sua Maestà il Re del Bahrein, dal Principe ereditario e Primo Ministro, da altri tre figli del Re e da un nipote.
Alcuni bambini in abito tradizionale hanno sparso petali di rose, mentre il Papa e i Reali attraversano la Guardia d’Onore, salutano le rispettive Delegazioni. Il Papa e il Re Hamad bin Isa Al Khalifa si intrattengono in un primo incontro privato. Al termine, i Reali e il Papa salutano il Grande Imam di al-Azhar.
L’accoglienza di Francesco in aeroporto
Con il Re del Bahrein nel Sakhir Royal Palace
Francesco, secondo il programma, viene condotto al Sakhir Royal Palace, residenza del sovrano del Bahrein, Sua Maestà Hamad bin Isa Al Khalifa. A fare da cornice festosa gruppi di uomini che danzano al ritmo di canti locali e, secondo la consuetudine, alzando fucili e scimitarre. Siamo nella regione desertica omonima nel Bahrein occidentale, a nord-est del villaggio di Zallaq, del Circuito Internazionale del Bahrein e dell’Università. Costruito all’inizio del secolo scorso, l’edificio è stato abbandonato alla morte dello Sceicco ed è rimasto chiuso per anni. Solo a metà anni ’90 è stato restaurato e riportato al suo antico splendore. Lo stile è quello tradizionale dell’architettura islamica, con mura bianche, luminose, grandi archi e colonne, una cupola, torri e un imponente minareto.
Mentre è calato ormai il buio, sfilano i picchetti d’onore. All’incontro privato nella Sala Verde prendono parte anche il Cardinale Segretario di Stato, il Sostituto della Segreteria di Stato, il Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, il Nunzio Apostolico e il Segretario della Nunziatura Apostolica. Al termine, i Reali accompagnano il Papa nel cortile del Palazzo dove sono riunite un migliaio di persone per la cerimonia di benvenuto e l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico. Nello sfavillio di una assai suggestiva scenografia, vengono eseguiti gli Inni ufficiali, come di rito, e alcuni colpi di cannone che segnano la solennità della cerimonia.
L’accoglienza festosa di alcune ragazze con le bandierine vaticane
Il dono del Papa
Il dono con cui Papa Francesco vuole omaggiare questa terra, e che consegna al Re in occasione della visita di cortesia, è una formella della medaglia commemorativa del viaggio e la medaglia d’oro del Pontificato. Al Principe ereditario dona il trittico della medaglia del pontificato. Sulla formella figura l’immagine dell’Albero della Vita, situato sulla collina più alta del Bahrain e che resiste da più di 400 anni in un luogo arido e desertico. Alla base dell’albero un simbolo del Qal’at alBahrain, imponente sito archeologico che fu la capitale dei Dilmun, una delle più importanti civiltà antiche della regione. In basso, al centro, la statua di Nostra Signora d’Arabia collocata nell’abside dell’omonima Cattedrale di recente costruzione. Sulla sinistra, la Cattedrale di Nostra Signora d’Arabia, costruita su un terreno generosamente donato da S.A. il Re Hamad bin Isa bin Salman Al-Kahalifa e della quale fu posta la prima pietra grazie al Vescovo Camillo Ballin. Sulla destra la chiesa del Sacro Cuore, la prima chiesa cattolica dell’intera area del Golfo Persico, costruita e consacrata formalmente tra il 1939 e il 1940. In circolo, la dicitura latina della visita e in basso la data del Viaggio Apostolico nel Regno del Bahrain.
il Papa: la guerra è mostruosa, tacciano le armi ovunque
Adriana Masotti – Città del Vaticano
Desidero indirizzare un pensiero amichevole e affettuoso a quanti abitano questo Paese: ad ogni credente, ad ogni persona e ad ogni famiglia, che la Costituzione del Bahrein definisce “pietra angolare della società”. A tutti esprimo la mia gioia per essere tra voi.
Sono le prime parole con cui, presso la residenza del sovrano il Sakhir Royal Palace, Papa Francesco saluta sua maestà, il re del Bahrein Hamad bin Isa Al Khalifa, le autorità, il Corpo diplomatico e i rappresentanti della società civile nell’incontro che dà inizio al suo viaggio apostolico nella nazione del Golfo. Lo sguardo del Papa va a un Paese “dove le acque del mare circondano le sabbie del deserto e imponenti grattacieli affiancano i tradizionali mercati orientali”, dove “antichità e modernità convergono” e “genti di varie provenienze formano un originale mosaico di vita”.
L’albero della vita, emblema di vitalità del Bahrein
E c’è un simbolo che caratterizza il Bahrein, osserva Francesco, il cosiddetto “albero della vita”, una maestosa acacia che riesce a vivere in un’area desertica, fortemente arida, forse grazie alle radici che per la loro profondità, arrivano fino ai depositi acquiferi sotterranei. Così pensano alcuni e il Papa si sofferma sul tema delle radici per ricordare che nel Bahrein accorrevano, fin dai tempi antichi, popoli diversi attirati “dalla sua bellezza” e dalla presenza di “abbondanti sorgenti di acque dolci”. La sua “posizione geografica, la propensione e le capacità commerciali della gente”, dice ancora il Papa, hanno dato al Bahrein “l’opportunità di plasmarsi quale crocevia di mutuo arricchimento tra i popoli”. E proprio questo per Francesco, che costituisce la più grande ricchezza del regno: la “sua varietà etnica e culturale, nella convivenza pacifica e nella tradizionale accoglienza della popolazione.
Una diversità non omologante, ma includente, rappresenta il tesoro di ogni Paese veramente evoluto. E su queste isole si ammira una società composita, multietnica e multireligiosa, capace di superare il pericolo dell’isolamento. È tanto importante nel nostro tempo, in cui il ripiegamento esclusivo su sé stessi e sui propri interessi impedisce di cogliere l’importanza irrinunciabile dell’insieme. Invece, i molti gruppi nazionali, etnici e religiosi qui coesistenti testimoniano che si può e si deve convivere nel nostro mondo, diventato da decenni un villaggio globale nel quale, data per scontata la globalizzazione, è ancora per molti versi sconosciuto “lo spirito del villaggio”: l’ospitalità, la ricerca dell’altro, la fraternità.
Distribuire nel mondo l’acqua della fraternità
La realtà del nostro mondo fotografa tutt’altro, costata il Papa: in esso vediamo crescere “indifferenza e sospetto reciproco”, “rivalità e contrapposizioni”, “populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti”. Più che di incontro si assiste a “scellerati atteggiamenti di scontro”. Papa Francesco ripropone l’esempio dell’albero della vita, ed esorta: “negli aridi deserti della convivenza umana distribuiamo l’acqua della fraternità”. E prosegue:
Non lasciamo evaporare la possibilità dell’incontro tra civiltà, religioni e culture, non permettiamo che secchino le radici dell’umano! Lavoriamo insieme, lavoriamo per l’insieme, per la speranza! Sono qui, nella terra dell’albero della vita, come seminatore di pace, per vivere giorni di incontro, per partecipare a un Forum di dialogo tra Oriente e Occidente per la pacifica convivenza umana.
Rispetto, tollerenza e libertà religiosa
Sarà questa “una tappa preziosa” del cammino di amicizia e fraternità avviato “con vari capi religiosi islamici” che vuol favorire la pace. Francesco esprime apprezzamento, quindi, per le opportunità di dialogo e di incontro che il Bahrein promuove mettendo al centro le questioni del rispetto, della tolleranza e della libertà religiosa. E commenta l’importanza della loro attuazione.
Sono temi essenziali, riconosciuti dalla Costituzione del Paese, la quale stabilisce che “non vi deve essere alcuna discriminazione in base al sesso, alla provenienza, alla lingua, alla religione o al credo” che “la libertà di coscienza è assoluta” e che “lo Stato tutela l’inviolabilità del culto”. Sono, soprattutto, impegni da tradurre costantemente in pratica, perché la libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona; perché non vi siano discriminazioni e i diritti umani fondamentali non vengano violati, ma promossi. Penso anzitutto al diritto alla vita, alla necessità di garantirlo sempre, anche nei riguardi di chi viene punito, la cui esistenza non può essere eliminata.
La mancanza di lavoro e il lavoro che schiavizza
Papa Francesco ritorna all’immagine dell’albero della vita, ricco di rami di diverse dimensioni che col tempo sviluppano folte chiome, “accrescendone l’altezza e l’ampiezza”. E afferma che “è stato proprio il contributo di tante persone di popoli differenti a consentire un notevole sviluppo produttivo” nel Paese. L’immigrazione, “di cui il Regno del Bahrein vanta uno dei tassi più elevati al mondo”, ha portato a questa terra ricchezza e sviluppo attraverso il proprio lavoro, ma, fa notare il Papa, non dappertutto è così.
Non si può però dimenticare che nei nostri tempi c’è ancora troppa mancanza di lavoro, e troppo lavoro disumanizzante: ciò non comporta solo gravi rischi di instabilità sociale, ma rappresenta un attentato alla dignità umana. Il lavoro, infatti, non è solo necessario per guadagnarsi da vivere, è un diritto indispensabile per sviluppare integralmente sé stessi e per plasmare una società a misura d’uomo. Da questo Paese, attraente per le opportunità lavorative che offre, vorrei richiamare l’emergenza della crisi lavorativa mondiale: spesso il lavoro, prezioso come il pane, manca; sovente, è pane avvelenato, perché schiavizza.
(4/11/22)
Il Papa: si gioca con le bombe, chi crede in Dio dice “no” alla bestemmia della guerra
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Fuoco, missili, bombe, armi, pianti, morte, cenere, odio. Dopo due “tremende guerre mondiali” e una guerra fredda che per decenni “ha tenuto il mondo con il fiato sospeso”, e mentre conflitti “disastrosi” si combattono ovunque, il mondo si trova di nuovo “in bilico sull’orlo di un fragile equilibrio”. Le religioni devono allora agire, unirsi, incontrarsi nel nome di quel Dio il cui nome è “pace” e “condannare e isolare i violenti che ne abusano il nome”, come pure interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, armi, copertura mediatica.
Dalla Piazza Al-Fida’ nel Sakhir Royal Palace di Awali, in Bahrein, si eleva al cielo la voce del Papa che, in questo scenario “drammaticamente infantile”, lancia un nuovo accorato appello “perché si ponga fine alla guerra in Ucraina e si avviino seri negoziati di pace”.
Nel giardino dell’umanità, anziché curare l’insieme, si gioca con il fuoco, con missili e bombe, con armi che provocano pianto e morte, ricoprendo la casa comune di cenere e odio.
Autorità religiose da tutto il mondo
Sedute accanto al Papa ci sono autorità religiose e civili di tutto il mondo. È presente il “caro fratello” Al-Tayyeb, il grande imam di Al-Azhar che Francesco incontrerà per la sesta volta, privatamente, oggi pomeriggio. È presente pure l’altro “caro fratello”, Bartolomeo, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, legato a Jorge Mario Bergoglio da un solido rapporto di stima e amicizia.
Il paradosso del mondo di oggi
Il Forum si è aperto ieri con una serie di interventi, tutti volti a ribadire la volontà comune e la necessità dettata dalle urgenze del presente di costruire ponti di dialogo tra i leader delle religioni, delle culture e dei media. Oggi il turno del Vescovo di Roma che, in un intervento lungo e corposo, implora soluzioni pacifiche per una crisi globale, alla radice della quale – dice – c’è un “paradosso”:
Mentre la maggior parte della popolazione mondiale si trova unita dalle stesse difficoltà, afflitta da gravi crisi alimentari, ecologiche e pandemiche, nonché da un’ingiustizia planetaria sempre più scandalosa, pochi potenti si concentrano in una lotta risoluta per interessi di parte, riesumando linguaggi obsoleti, ridisegnando zone d’influenza e blocchi contrapposti.
Più divisi che uniti
Proprio le divisioni feriscono il mondo odierno: “Viviamo tempi in cui l’umanità, connessa come mai prima, risulta molto più divisa che unita”, riflette il Papa. Invoca l’unità, prendendo spunto dall’etimologia della nazione che lo accoglie: Bahrein, “due mari”. “Come le acque del mare”, leader religiosi e civili sono chiamati a mettere in contatto terre e popoli, esorta.
Ma sempre i “due mari” si riferiscono alle acque dolci delle sorgenti sottomarine e a quelle salmastre del Golfo. Esattamente così è oggi il mondo:
Da una parte il mare calmo e dolce della convivenza comune, dall’altra quello amaro dell’indifferenza, funestato da scontri e agitato da venti di guerra, con le sue onde distruttrici sempre più tumultuose, che rischiano di travolgere tutti. E, purtroppo, Oriente e Occidente assomigliano sempre più a due mari contrapposti.
La rotta dell’incontro, non quella dello scontro
“Noi invece – dice Francesco ai partecipanti al Forum – siamo qui insieme perché intendiamo navigare nello stesso mare, scegliendo la rotta dell’incontro anziché quella dello scontro”.
Queste sono le amare conseguenze, se si continuano ad accentuare le opposizioni senza riscoprire la comprensione, se si persiste nell’imposizione risoluta dei propri modelli e delle proprie visioni dispotiche, imperialiste, nazionaliste e populiste, se non ci si interessa alla cultura dell’altro, se non si presta ascolto al grido della gente comune e alla voce dei poveri, se non si smette di distinguere in modo manicheo chi è buono e chi cattivo…
Oriente e Occidente insieme per il bene di tutti
L’emergere dei conflitti non faccia perdere di vista le tragedie latenti dell’umanità, come la catastrofe delle disuguaglianze, per cui la maggior parte delle persone che popolano la Terra sperimenta un’ingiustizia senza precedenti, la vergognosa piaga della fame e la sventura dei cambiamenti climatici, segno della mancanza di cura verso la casa comune.
Pregare per purificarsi da egoismo e chiusure
Ai capi delle diverse confessioni spetta una triplice sfida. Anzitutto la preghiera, “fondamentale per purificarci dall’egoismo, dalla chiusura, dall’autoreferenzialità, dalle falsità e dall’ingiustizia”.
Chi prega, riceve nel cuore la pace e non può che farsene testimone e messaggero; e invitare, anzitutto attraverso l’esempio, i propri simili a non diventare ostaggi di un paganesimo che riduce l’essere umano a ciò che vende, compra o con cui si diverte, ma a riscoprire la dignità infinita che ciascuno porta impressa.
I giovani del Bahrein: felici di essere cattolici e di vivere l’amicizia con le altre fedi
Adriana Masotti – Città del Vaticano
Alla Scuola del Sacro Cuore di Awali, l’unica scuola cattolica del Bahrein, il Papa arriva a metà pomeriggio. Prima di raggiungere l’Istituto, nella residenza in cui è ospitato, Francesco aveva ricevuto la visita di Sua Maestà Hamad bin Isa Al Khalifa, re del Bahrein, e aveva avuto modo di ringraziarlo per la calorosa accoglienza riservatagli dal suo Paese. A ricevere il Pontefice all’ingresso della Scuola del Sacro Cuore sono la direttrice suor Roselyn Thomas, insieme a due docenti e ad alcuni studenti che gli offrono un mazzo di fiori. L’incontro con i giovani, circa 800 quelli presenti, è organizzato nell’ampia palestra dell’edificio.
Il benvenuto al Papa, l’ospite più prezioso
Il programma prevede alcuni canti, un ballo con costumi tradizionali e tre testimonianze. Vuol essere un momento di incontro e di festa con un ospite molto atteso, il più prezioso nei 74 anni di storia della scuola, afferma suor Roselyn Thomas presentando l’istituto, in cui convivono studenti e personale proveniente da 29 diverse nazionalità, come “un simbolo in miniatura” della “pacifica convivenza e cultura della cura” per cui tanto si spende Francesco. “Santità: lei è la ragione del nostro essere qui – dice la religiosa -. Esprimiamo la nostra ammirazione e l’apprezzamento per il suo umile servizio di guida amorevole verso la pace e l’armonia, ed anche per i passi coraggiosi che ha compiuto in questa direzione”. La direttrice sottolinea la gioia visibile dei ragazzi per la presenza del Papa e si dice certa che “le sue parole li rafforzeranno affinché possano essere la speranza di un futuro luminoso”, “cittadini attivi che si adopereranno per rendere il nostro mondo un luogo migliore”.
L’amicizia e la fraternità dureranno per sempre
La prima testimonianza offerta a Papa Francesco è quella del tenente Abdulla Attiya Sayed, ex allievo della Scuola del Sacro Cuotre e attualmente in servizio come membro delle Guardie Reali del Bahrein. Cresciuto in una famiglia musulmana ha studiato, sottolinea, nella scuola cattolica e nella vita si è trovato ad affrontare molte sfide. Racconta: “La vita mi ha fatto capire che, per avere successo, sono necessari duro lavoro, impegno e sacrificio. Nei miei 16 anni di carriera sportiva, ho raggiunto il successo (…) ma mi rendo conto e accetto con grande umiltà che le medaglie e i trofei alla fine si arrugginiscono. Sono l’amicizia e la fratellanza che dureranno per sempre”.
L’esperienza di “unità nella diversità”
Abdulla Attiya dice poi che nella Scuola del Sacro Cuore ha avuto l’opportunità di celebrare non solo le feste islamiche, ma anche quelle delle altre religioni insieme agli studenti di diverse religioni e provenienze. “Non c’era discriminazione se uno partecipava alla felicità dell’altro. La scuola si è dimostrata un ottimo esempio di unità e rispetto reciproco”. Nel Bahrein, prosegue, sono presenti molte religioni e, se tutte non possono “essere seguite da un numero uguale di persone, tutte sono rispettate allo stesso modo”. Sottolinea ancora che l’ “unità nella diversità”, è una caratteristica essenziale del Regno, è “la ragione principale della crescita e dello sviluppo del nostro bel Paese”. E conclude citando una frase di Patrick Henry: “Uniti stiamo in piedi, divisi cadiamo”, definendola “cara ai nostri valori”.
La presenza del Papa rafforza l’identità cattolica di noi giovani
A nome di tutti i giovani del Regno è Nevin Varghese Fernandez a dire al Papa la gioia immensa di poterlo accogliere nel Bahrein. La sua testimonianza è quella di una vita cristiana e cattolica che si è potuta esprimere in modo “sicuro e senza rischi, perché – afferma – abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che promuove e sostiene varie religioni”. Tuttavia, prosegue, “essere un giovane cattolico nel mondo di oggi richiede anche molta preghiera e sacrificio” perché è facile prendere una strada diversa, contraria ai valori del Vangelo, e riconosce che “molti giovani nel mondo vivono in situazioni più impegnative delle nostre. Siamo grati, quindi, che la Chiesa sia al nostro fianco e che abbiamo esempi eroici di persone che rischiano la vita per la fede”. A Papa Francesco, Nevin dice che la sua presenza dà ai giovani forza e che li incoraggia nella loro identità cattolica. “Vogliamo essere degni figli della Chiesa sotto la sua guida e siamo orgogliosi di poter praticare la nostra fede senza paura”, afferma, chiedendo la benedizione del Papa per poter portare con più forza “il suo amore al mondo”.
Gli adolescenti di fronte alle scelte poste dalla vita
“Ho avuto la fortuna di avere una famiglia meravigliosa, una buona casa e molti talenti dal Signore”, si presenta così Merina Joseph Motha, cresciuta in un ambiente cattolico, e ora impegnata nel ministero del Lettorato e come membro del coro parrocchiale. Inoltre, dalla comunità, dice, si è sentita spinta “non solo a seguire le vie di Dio, ma anche a scoprire chi sono e cosa posso essere in questo mondo”. Con l’adolescenza, però c’è stato un cambiamento: “diventare adolescenti significa entrare in una fase della vita che comporta molte esperienze sconosciute”. A quell’età c’è bisogno di una guida, di camminare insieme ad altri, ma “alcuni eventi non possono essere controllati”., racconta. Si possono perdere così le priorità, cadere nella cultura dell’indifferenza, e “iniziare a detestare noi stessi e coloro che ci circondano e persino a dimenticare le nostre stesse radici”. E’ necessario allora fare delle scelte, non farsi trasportare dalle emozioni e rafforzare la fede.
Tre domande a Francesco per crescere nella fede
La sua testimonianza è che “la fede è invisibile ma si sente, la fede è forza quando ci sentiamo deboli, la fede è speranza quando tutto sembra perduto”. Poi a Papa Francesco Merina Joseph Motha rivolge tre domande. La prima: “C’è qualche consiglio che può darci a partire dalla sua esperienza personale di quand’era adolescente?”. La seconda domanda: “Come possiamo comunicare efficacemente con Dio attraverso la preghiera silenziosa?”. Infine: “Pensa che le nostre convinzioni siano abbastanza forti da aiutarci a combattere problemi sociali come ansia, stress, bullismo e pressione dei nostri compagni o colleghi?”.
La preghiera dei giovani con il Papa
Alle parole di Papa Francesco, che raccoglie le domande e le attese dei giovani, segue un momento di preghiera. Alcuni ragazzi e ragazze leggono diverse intenzioni scritte su foglietti che poi appendono ad una pianta sul palco che rappresenta il simbolo del Bahrein, l’albero della vita. E’ un’acacia emblema di vitalità, di forza e di resilienza. Le preghiere sono per i giovani del Paese, per quelli della Penisola del Golfo e del mondo intero perchè compiano azioni ispirate alla pace e alla giustizia; per gli artisti e gli uomini di cultura perchè nelle loro espressioni brilli la verità di Dio e i giovani trovino così in esse opportunità di crescita. E poi per i media perchè Dio protegga i giovani dai pericoli del mondo, per i tossicodipendenti e gli sfruttati. Infine per tutti i giovani presenti all’incontro: “Aiutaci, a superare i momenti difficili, dacci coraggio per affrontare le sfide del nostro tempo e per vivere in comunione gli uni con gli altri”. L’incontro si conclude con la recita del Padre Nostro e con la benedizione così desiderata di Papa Francesco.