Il viaggio del papa in Iraq
5 Marzo – Primo giorno
Il Papa in Iraq: siamo benedetti dal sangue dei nostri fratelli
IL TELEGRAMMA AL CAPO DI STATO MATTARELLA
Nel momento di lasciare il territorio italiano, il Papa ha fatto pervenire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella il consueto telegramma di sorvolo con l’auspicio di prosperità e serenità esteso a tutta la popolazione.
In risposta il ringraziamento del capo dello Stato e la sottolineatura che la presenza del Pontefice in Iraq “rappresenta per le martoriate comunità cristiane di quel Paese e dell’intera regione, una concreta testimonianza di vicinanza e di paterna sollecitudine”. Mattarella rimarca inoltre come la tappa irachena sia “segno di continuità dopo il Viaggio Apostolico negli Emirati Arabi Uniti” e “un ulteriore passo lungo il cammino tracciato dalla dichiarazione sulla fratellanza umana”.
A bordo anche una presenza molto speciale voluta dal Papa: è l’immagine della Vergine di Loreto, a cento anni dalla sua proclamazione di patrona degli aeronauti, e mentre è in corso il Giubileo lauretano che Francesco ha prorogato fino al 10 dicembre 2021. – Vatican Media
TUTTI GLI ARTICOLI SUL VIAGGIO DEL PAPA IN IRAQ
L’ARRIVO ALL’AEROPORTO DI BAGHDAD
All’arrivo all’aeroporto Internazionale di Baghdad, Papa Francesco è stato accolto dal primo ministro della Repubblica d’Iraq, Mustafa Abdellatif Mshatat, conosciuto come Al-Kadhimi.
Due bambini in abito tradizionale hanno consegnato un omaggio floreale al Papa, una volta atterrato all’aeroporto di Baghdad – Reuters
IL PAPA NELLA CATTEDRALE SIRO-CATTOLICA DI NOSTRA SIGNORA DELLA SALVEZZA
Al suo arrivo a Baghdad, Francesco ha scelto di incontrare vescovi, religiosi e catechisti nella Cattedrale di Sayidat al-Nejat (Nostra Signora della Salvezza), luogo che porta i segni delle sofferenze degli iracheni, in quanto teatro di due attacchi terroristici, estremamente sanguinosi.
Il Papa intorno alle 15 ora italiana è arrivato alla Cattedrale Siro-Cattolica di “Nostra Signora della Salvezza”, sede dell’Arcieparchia Siro-Cattolica di Baghdad, per il suo secondo incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti.
E’ stato accolto all’ingresso della Cattedrale da monsignor Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, e dall’Arcieparca monsignor Ephrem Yousif Abba. Nel piazzale antistante la Cattedrale lo aspettavano inoltre 12 persone con disabilità che papa Francesco ha salutato con calore, impartendo loro la benedizione.
Prima che il Papa entrasse all’interno della Cattedrale il Patriarca Younan e l’Arcieparca Abba gli hanno porto il Crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione. Sono seguiti i saluti del patriarca siro-cattolico e del presidente dell’Assemblea dei vescovi cattolici dell’Iraq, Louis Sako.
Quindi è stato il momento del discorso di papa Francesco. “Siamo riuniti in questa Cattedrale di Nostra Signora della Salvezza, benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa. Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita. Il cristiano infatti è chiamato a testimoniare l’amore di Cristo ovunque e in ogni tempo. Questo è il Vangelo da proclamare e incarnare anche in questo amato Paese”. Sono le parole che papa Francesco nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad ha rivolto ai rappresentanti della comunità cattolica irachena, di fronte ai quali ha ricordato l’attentato di cui la chiesa è stata teatro nel 2010, che provocò 48 morti e un centinaio di feriti.
Alla fine del suo discorso, Francesco è tornato sui “nostri fratelli e sorelle morti nell’attentato terroristico in questa Cattedrale dieci anni fa e la cui causa di beatificazione è in corso”. “La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi“, ha sottolineato, “E voglio ricordare tutte le vittime di violenze e persecuzioni, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa. Domani, a Ur, incontrerò i Leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell’unità tra tutti i figli di Dio”.
Papa Francesco e Barham Ahmed Salih Qassim, attuale presidente dell’Iraq.
IL PRIMO DISCORSO DEL PAPA ALLE AUTORITÀ, ALLA SOCIETÀ CIVILE E AL CORPO DIPLOMATICO
Papa Francesco è arrivato al Palazzo Presidenziale di Baghdad per la cerimonia ufficiale di benvenuto e il discorso alla società civile, alle autorità e al corpo diplomatico. Il Pontefice è stato accolto dal Presidente della Repubblica d’Iraq, Barham Ahmed Salih Qassim, e dalla consorte all’ingresso del Palazzo Presidenziale. Dopo gli inni e la presentazione delle rispettive delegazioni, il Papa ha ricevuto un omaggio floreale da due bambini.
Quindi, dopo la foto ufficiale, si è diretto insieme al presidente iracheno nello studio dove ha luogo la visita di cortesia.
Dopo l’incontro privato e la presentazione della famiglia, il Papa è stato accompagnato nella sala dove avviene lo scambio dei doni. Al termine della visita di cortesia si recano nel grande salone del Palazzo Presidenziale per l’incontro con le autorità, i rappresentanti della società civile e i membri del corpo diplomatico.
Il primo discorso ufficiale del Papa in Iraq: «Tacciano le armi! Si dia voce agli artigiani della pace!» (Stefania Falasca, inviata a Baghdad)
Francesco è giunto in una terra ferita da violenze e conflitti dove si auspica che il futuro, come espresso anche dal Papa, possa essere ricco di vie di speranza e di fraternità. L’aereo con a bordo il Papa è atterrato alle 11.58 sulla pista dell’aeroporto internazionale di Baghdad – Reuters
Dopo la presentazione delle rispettive Delegazioni e la Guardia d’Onore, il Papa e il primo ministro si sono recati nella Sala Vip dell’Aeroporto per un breve incontro in privato.
Al termine dell’incontro, dopo le foto ufficiali, Papa Francesco si è trasferito in auto al Palazzo Presidenziale per la Cerimonia Ufficiale di Benvenuto.
A BORDO DEL VOLO IL GRAZIE DI FRANCESCO AI GIORNALISTI
Il Papa durante il volo aveva ringraziato i giornalisti per la loro presenza nel suo viaggio in Iraq. “Sono contento di riprendere i viaggi”, “vi ringrazio per la compagnia” ha detto ai 74 giornalisti provenienti da 15 paesi. A bordo del volo che lo ha portato da Roma a Baghdad, Francesco ha ricevuto anche il premio “Maria Grazia Cutuli” per il suo ruolo di “inviato speciale” nel nome della fede, della fratellanza e della pace
6 Marzo – Secondo giorno
In un minuto il sunto del secondo giorno
BAGDAD- 06 marzo 2021 –
La seconda giornata di Francesco in terra irachena: “Chi crede in Dio non ha nemici da combattere” ha detto all’incontro interreligioso a Ur. E con al-Sistani: amicizia fra comunità religiose
Secondo giorno del viaggio apostolico di Francesco in Iraq
Due in particolare sono i tesori di questa Chiesa. Nella navata laterale destra si trova l’icona della Madonna Odigitria, in quella laterale sinistra l’icona di San Giuseppe con la squadra da falegname, simbolo della sua rettitudine, e il giglio, simbolo della sua purezza, insieme a Gesù adolescente.
Stamani il Papa ha incontrato, a porte chiuse a Najaf, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, leader spirituale sciita. Poi si è diretto a Nassiriya per l’incontro interreligioso nella Piana di Ur dei Caldei. Nel pomeriggio il rientro a Baghdad e alle 18 (le 16 italiane) la Messa nella cattedrale caldea di San Giuseppe.
Il premier iracheno, Mustafa al-Kadhimi, a seguito dell’incontro di Francesco con l’ayatollah al-Sistani e del successivo raduno interreligioso a Ur che ha definito “storici”, ha dichiarato il 6 marzo Giornata nazionale della tolleranza e della coesistenza. L’annuncio è stato dato con un tweet.
Papa Francesco arriva alla Cattedrale di San Giuseppe – Reuters
LA MESSA A BAGHDAD IN RITO CALDEO
Nel tardo pomeriggio (le 16 in Italia) papa Francesco arriva nella cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad per celebrare la Messa in rito caldeo, prima volta per un Pontefice. C’è anche il presidente iracheno, Barham Salih, accompagnato dalla moglie. La Chiesa caldea in Iraq ha una storia lunga secoli ed è la componente maggioritaria tra i cattolici del Paese. In pratica, il rito caldeo ripercorre i gesti degli apostoli ricevuti da Gesù: lo scambio della pace, ad esempio, è previsto a inizio celebrazione (anche se nell’emergenza pandemia non si fa). Il rito è introdotto da diverse preghiere cantate del I e II secolo. La lingua liturgica è il siriaco, un idioma derivato dall’aramaico, parlato in una forma moderna da una parte dei fedeli.
Il Papa nella cattedrale di Baghdad per la Messa – Reuters
L’OMELIA IN CATTEDRALE
“Per il mondo, chi ha di meno è scartato e chi ha di più è privilegiato. Per Dio no: chi ha più potere è sottoposto a un esame rigoroso, mentre gli ultimi sono i privilegiati di Dio”.
Dalla cattedrale caldea di San Giuseppe a Bagdhad, il papa Francesco ha riproposto il messaggio delle Beatitudini come simbolo della sapienza cristiana. “Gesù, la Sapienza in persona, completa questo ribaltamento nel Vangelo: non in un momento qualunque, ma all’inizio del primo discorso, con le Beatitudini”, ha fatto notare Francesco: “Il capovolgimento è totale: i poveri, quelli che piangono, i perseguitati sono detti beati. Com’è possibile? Beati, per il mondo, sono i ricchi, i potenti, i famosi! Vale chi ha, chi può, chi conta! Per Dio no: non è più grande chi ha, ma chi è povero in spirito; non chi può tutto sugli altri, ma chi è mite con tutti; non chi è acclamato dalle folle, ma chi è misericordioso col fratello”.
“Se vivo come Gesù chiede, che cosa ci guadagno? Non rischio di farmi mettere i piedi in testa dagli altri? La proposta di Gesù conviene? O è perdente?”, gli interrogativi che mettono in dubbio il messaggio delle Beatitudini.
“Non è perdente, ma sapiente”, la risposta di Francesco: “La proposta di Gesù è sapiente perché l’amore, che è il cuore delle Beatitudini, anche se pare debole agli occhi del mondo, in realtà vince. Sulla croce si è dimostrato più forte del peccato, nel sepolcro ha sconfitto la morte. È lo stesso amore che ha reso i martiri vittoriosi nella prova, e quanti ce ne sono stati nell’ultimo secolo, più che nei precedenti!”. “L’amore è la nostra forza, la forza di tanti fratelli e sorelle che anche qui hanno subito pregiudizi e offese, maltrattamenti e persecuzioni per il nome di Gesù”, assicura il Papa: “Ma mentre la potenza, la gloria e la vanità del mondo passano, l’amore rimane: come ci ha detto l’Apostolo Paolo, non avrà mai fine”.
“Chi ama non si chiude in sé stesso quando le cose vanno male, ma risponde al male con il bene, ricordando la sapienza vittoriosa della croce”, ha spiegato il Papa. “Il testimone di Dio fa così: non è passivo, fatalista, non vive in balìa delle circostanze, dell’istinto e dell’istante, ma è sempre speranzoso, perché fondato nell’amore che ‘tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta’”, il ritratto di Francesco sulla scorta di San Paolo.
Le Beatitudini, in altre parole, “non chiedono di fare cose straordinarie, di compiere imprese che vanno oltre le nostre capacità. Chiedono la testimonianza quotidiana. Beato è chi vive con mitezza, chi pratica la misericordia lì dove si trova, chi mantiene il cuore puro lì dove vive. Per diventare beati non bisogna essere eroi ogni tanto, ma testimoni ogni giorno. La testimonianza è la via per incarnare la sapienza di Gesù”.
“È così che si cambia il mondo: non con il potere o con la forza, ma con le Beatitudini”, ha garantito il Papa: “Perché così ha fatto Gesù, vivendo fino alla fine quel che aveva detto all’inizio”. “La pazienza di ricominciare ogni volta è la prima qualità dell’amore, perché l’amore non si sdegna, ma riparte sempre”, ha detto Francesco: “Non si intristisce, ma rilancia; non si scoraggia, ma resta creativo. Di fronte al male non si arrende, non si rassegna”.
Di fronte alle avversità, infatti, “ci sono sempre due tentazioni”, ha osservato il Papa: “La prima è la fuga: scappare, voltare le spalle, non volerne più sapere. La seconda è reagire da arrabbiati, con la forza. È quello che accadde ai discepoli nel Getsemani: davanti allo sconcerto, molti si diedero alla fuga e Pietro prese la spada. Ma né la fuga né la spada risolsero qualcosa. Gesù, invece, cambiò la storia. Come? Con la forza umile dell’amore, con la sua testimonianza paziente. Così siamo chiamati a fare noi; così Dio realizza le sue promesse”.
La preghiera al termine dell’incontro interreligioso di Ur – Reuters
L’INCONTRO INTERRELIGIOSO NELLA PIANA DI UR E IL DISCORSO DEL PAPA
Dopo il canto iniziale, il canto della lettura tratta dal Libro della Genesi e di un brano del Corano, due giovani hanno portato la loro testimonianza a cui hanno fatto seguito le testimonianze di una donna di religione sabea mandea e di un uomo di religione musulmana. Quindi il Papa ha pronunciato il suo discorso. Al termine, dopo la preghiera dei figli di Abramo e il canto finale, il Papa è ripartito per Baghdad.
“Dio è misericordioso”, ha detto Francesco, e “l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione”. Il Papa ha sottolineato che “sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio! Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza”.
“Il patriarca Abramo, che oggi ci raduna in unità, fu profeta dell’Altissimo. Un’antica profezia dice che i popoli ‘spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci’. Questa profezia non si è realizzata, anzi spade e lance sono diventate missili e bombe. Da dove può cominciare allora il cammino della pace?”, chiede Francesco. E risponde: “Dalla rinuncia ad avere nemici. Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere. Ha un solo nemico da affrontare, che sta alla porta del cuore e bussa per entrare: è l’inimicizia. Mentre alcuni cercano di avere nemici più che di essere amici, mentre tanti cercano il proprio utile a discapito di altri, chi guarda le stelle delle promesse, chi segue le vie di Dio non può essere contro qualcuno, ma per tutti. Non può giustificare alcuna forma di imposizione, oppressione e prevaricazione, non può atteggiarsi in modo aggressivo”.
Il Papa ha anche esortato a pregare “perché ovunque siano rispettate e riconosciute la libertà di coscienza e la libertà religiosa: sono diritti fondamentali, perché rendono l’uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato”.
IL TESTO DEL DISCORSO DEL PAPA – IL TESTO DELLA PREGHIERA DEI FIGLI DI ABRAMO
L’arrivo di papa Francesco all’incontro con al-Sistani, in una viuzza di Najaf – Ansa
IL COLLOQUIO CON L’AYATOLLAH AL-SISTANI
Papa Francesco ha incontrato di prima mattina a Najaf, nel sud dell’Iraq, il leader sciita ayatollah Ali al-Sistani. “Durante la visita di cortesia, durata circa quarantacinque minuti, – spiega in una nota il portavoce del Vaticano Matteo Bruni – il Santo Padre ha sottolineato l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità”.
“L’incontro – spiega ancora – è stata l’occasione per il Papa di ringraziare il Grande Ayatollah al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno. Nel congedarsi dal Grande Ayatollah, il Santo Padre ha ribadito la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l’amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo intero”.
Al termine dell’incontro, al-Sistani ha dichiarato in una nota: “Le grandi potenze diano priorità alla ragione e alla saggezza, rinunciando al linguaggio delle guerre”. “Auspico che i leader religiosi e spirituali esortino le parti interessate, e specialmente le grandi potenze, a dare priorità alla ragione e alla saggezza rinunciando al linguaggio della guerra”. Le grandi potenze, prosegue il comunicato, “non mettano prima i propri interessi a discapito dei diritti dei popoli di vivere in libertà e con dignità”.
DALL’INVIATA di “Avvenire”: Il Papa da al-Sistani: amicizia fra comunità religiose per il bene dell’umanità (di Stefania Falasca)
Un’immagine fuori della Cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad – Reuters
Il Papa nella Messa ad Erbil: la Chiesa in Iraq è viva
Fausta Speranza – Città del VaticanoLa potenza e la sapienza di Dio si rivelano “con la misericordia e il perdono”: lo sottolinea il Papa, nel terzo giorno in Iraq celebrando la Messa, alla presenza delle autorità e delle rappresentanze religiose, nello Stadio Franso Hariri di Erbil, dove entra – unica volta durante questo viaggio – a bordo della papamobile, dunque con la possibilità di salutare le persone presenti pur nei limiti delle normative anti Covid-19. Nello stadio, dalla capienza di 28mila posti, per la pandemia ne sono stati autorizzati circa 10mila. Ordinata, ma calorosa e gioiosa l’accoglienza riservata a Francesco tra canti dalla spiccata musicalità mediorientale. Tanti i copricapo femminili, anche nel coro predisposto per la celebrazione, tipici della tradizione locale. Sul grande palco bianco al centro dello Stadio, a fianco dell’altare, una presenza speciale: la statua della Vergine di Karemlesh che, colpita dalla furia del sedicente Stato islamico, è rimasta senza mani, un segno di giorni drammatici vissuti durante il presunto califfato, ma anche un simbolo della fede di chi si rimette in ogni caso delle mani del Signore.
La testimonianza della Chiesa irachena
Francesco nell’omelia ricorda, ancora una volta, quanti in Iraq portano “le ferite della guerra e della violenza, ferite visibili e invisibili” e sottolinea la testimonianza viva dei cristiani:
La Chiesa in Iraq, con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare questa meravigliosa sapienza della croce diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente verso i più bisognosi. Anche in mezzo a grande povertà e difficoltà, molti di voi hanno generosamente offerto aiuto concreto e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Questo è uno dei motivi che mi hanno spinto a venire in pellegrinaggio tra di voi a ringraziarvi e confermarvi nella fede e nella testimonianza. Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele.
Dio salva dal bisogno di vendetta e dalle doppiezze dell’ipocrisia
E il Papa ricorda che “Dio ci libera da un modo di intendere la fede, la famiglia, la comunità che divide, che contrappone, che esclude” e poi sottolinea:
“Ci rafforza, perché sappiamo resistere alla tentazione di cercare vendetta, che fa sprofondare in una spirale di ritorsioni senza fine.”
In riferimento al Vangelo del giorno, che narra la cacciata di Gesù dal tempio di Gerusalemme dei cambiavalute ( Gv2, 13-25) , Francesco sottolinea che “come Gesù non tollerò che la casa del Padre suo diventasse un mercato, così desidera che il nostro cuore non sia un luogo di subbuglio, disordine e confusione”. Il cuore – ribadisce – va pulito, va ordinato, va purificato “dalle falsità che lo sporcano, dalle doppiezze dell’ipocrisia”.
Non mercanteggiare la fede per il potere e il denaro
Il Papa ricorda che tutti abbiamo doppiezze dell’ipocrisia, tutti – ripete per la seconda volta a braccio – e spiega che le ipocrisie sono “malattie che fanno male al cuore, che infangano la vita, la rendono doppia”. E spiega:
“Abbiamo bisogno di essere ripuliti dalle nostre ingannevoli sicurezze che mercanteggiano la fede in Dio con cose che passano, con le convenienze del momento. Abbiamo bisogno che siano spazzate via dal nostro cuore e dalla Chiesa le nefaste suggestioni del potere e del denaro.”
Francesco offre un’immagine alla riflessione:
“Per ripulire il cuore abbiamo bisogno di sporcarci le mani: di sentirci responsabili e non restare a guardare mentre il fratello e la sorella soffrono.”
Una consapevolezza: “Da soli non siamo capaci, abbiamo bisogno di Gesù. Lui ha il potere di vincere i nostri mali, di guarire le nostre malattie, di restaurare il tempio del nostro cuore.” Guardare a Gesù e seguire Gesù significa – ribadisce il Papa – guardarci da alcune “trappole” delle logiche umane. “Com’è facile – afferma – cadere nella trappola di pensare che dobbiamo dimostrare agli altri che siamo forti, che siamo sapienti… Nella trappola di farci immagini false di Dio che ci diano sicurezza”. In realtà – aggiunge – è il contrario. “tutti noi abbiamo bisogno della potenza e della sapienza di Dio rivelata da Gesù sulla croce.” E Gesù, che “anche quando gli voltiamo le spalle non ci abbandona mai a noi stessi”, non solo ci purifica dai nostri peccati – dice Francesco – ma “ci rende partecipi della sua stessa potenza e sapienza”.
Sapienza di Dio e false certezze
Francesco spiega come siano diverse la potenza e la sapienza di Dio dai nostri falsi bisogni di certezze:
“Gesù ha rivelato questa potenza e questa sapienza soprattutto con la misericordia e il perdono. Non ha voluto farlo con dimostrazioni di forza o imponendo dall’alto la sua voce, né con lunghi discorsi o esibizioni di scienza incomparabile”.
Cristo ha incarnato“la fedeltà dell’amore del Padre; la fedeltà del Dio dell’Alleanza, che ha fatto uscire il suo popolo dalla schiavitù e lo ha guidato nel cammino della libertà”.
Il valore della vera testimonianza
E’ chiaro il mandato per i cristiani nelle parole del Papa ad Erbil:
“Con la potenza dello Spirito Santo ci invia, non a fare proselitismo, ma come suoi discepoli missionari, uomini e donne chiamati a testimoniare che il Vangelo ha il potere di cambiare la vita.”
Chiamati – afferma il Papa – ad essere “artigiani pazienti e coraggiosi di un nuovo ordine sociale”. Il Signore – ricorda – ci promette che, “con la potenza della sua Risurrezione, può far risorgere noi e le nostre comunità dalle macerie causate dall’ingiustizia, dalla divisione e dall’odio.” Il Signore vuole che siamo salvati e che “diventiamo tempio vivo del suo amore, nella fraternità, nel servizio enella misericordia”.
Dunque, il cuore dell’incoraggiamento da Erbil di Papa Francesco:
“Con gli occhi della fede, riconosciamo la presenza del Signore crocifisso e risorto in mezzo a noi, impariamo ad accogliere la sua sapienza liberatrice, a riposare nelle sue ferite e a trovare guarigione e forza per servire il suo Regno che viene nel nostro mondo. Dalle sue piaghe siamo stati guariti; nelle sue piaghe, cari fratelli e sorelle, troviamo il balsamo del suo amore misericordioso; perché Egli, Buon Samaritano dell’umanità, desidera ungere ogni ferita, guarire ogni ricordo doloroso e ispirare un futuro di pace e di fraternità in questa terra.”
Così, – ricorda il Papa – per la forza di Cristo e del suo Spirito, avviene quello che l’Apostolo Paolo profetizza ai Corinzi: «Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1,25): E dunque – aggiunge – “comunità cristiane composte da gente umile e semplice diventano segno del Regno che viene, Regno di amore, di giustizia e di pace”.
In chiusura, la preghiera a Maria, “che fu associata alla passione e alla morte del suo Figlio e partecipò alla gioia della sua risurrezione”, perché “interceda per noi e ci conduca a Lui, potenza e sapienza di Dio.”
Il ringraziamento al Papa di monsignor Warda
L’arcivescovo caldeo di Erbil, monsignor Bashar Warda, alla fine della Messa, ha rivolto al Papa sentite parole di ringraziamento sottolinenado: “A nome di tutte le persone qui riunite e di quelle che ci stanno guardando in tutto il mondo”. L’arcivescovo ha detto: “Prima di tutto, La ringraziamo per il Suo coraggio, per essere venuto qui, in questo nostro travagliato Paese, una terra così piena di violenza, questo luogo delle dispute infinite, di sfollamento e sofferenza per la gente; e per averlo fatto in questo tempo di pandemia e di crisi globali: questo ci rende concrete le parole di Cristo ‘non abbiate paura’.” L’arcivescovo ha sottolineato: “Il Suo coraggio fluisce in noi”. E ha poi aggiunto: “La ringraziamo per le preghiere per i perseguitati e gli emarginati, qui in Iraq e nel mondo intero. Noi sappiamo che Lei ha continuato a pregare per noi in tutti i nostri periodi di oscurità. Sappiamo che attraverso le Sue preghiere, mai siamo stati dimenticati. Sappiamo che con le Sue preghiere Lei continua a sollecitare questo mondo frantumato e questo Paese frantumato affinché trovino un periodo di pace, di umiltà e di prosperità, di dignità di vita e di prospettive per tutti.” Poi il riferimento preciso al messaggio che il papa lascia all’Iraq: “La ringraziamo per il messaggio di pace che ha portato a Erbil e a tutto l’Iraq. Il Suo potente messaggio di fratellanza e perdono è ora un dono per tutto il popolo dell’Iraq che ci lascia – a ciascuno di noi in questo Paese – una responsabilità perdurante a dare vita continuamente al Suo messaggio nella nostra vita quotidiana, da oggi in poi.”